lunedì 27 aprile 2009

Essere cretini e essere stupidi sono due cose diverse

Non tutti ci pensano. Ma fra l'essere un cretino e l'essere uno stupido ci sono tante di quelle differenze, che elencarle tutte sarebbe proibitivo.

Per farla breve: il cretino è colui che si atteggia a stupido, che sminuisce volutamente il proprio ego per rendersi simpatico, per cercare di sovrastare la massa. Il cretino è sia razionale che istintivo, ma poco empatico. Non è detto che sia cattivo, ma non soffre per i danni che provoca (magari involontariamente); per lui tutto è lecito.

Lo stupido è colui che si atteggia a cretino, ma con una differenza: potrà mutare quanto vuole, ma resterà sempre stupido. Sì, perchè mentre un cretino può "redimersi" e passare allo stato di stupido, difficilimente lo stupido - che, ricordiamo, ha mille difetti ma è sempre buono - si voterà al "male" fino al rango di cretino. Un cretino divenuto stupido raramente tornerà cretino. Lo stupido potrà simulare di essere un cretino, assumendone gli atteggiamenti, ma apparirà chiaro a tutti che si tratta di una simulazione (e spesso lo stupido stesso se ne rende conto, ma persegue).

E poi ci sono io. Io sono stupido e cretino al tempo stesso, lo sono sempre stato. Con una piccola, leggera differenza. Un tempo ero più cretino che stupido. Frequentavo in maggior parte quelli che qui stiamo chiamando 'cretini' e, va da sè, da essi mi lasciavo trascinare, con godimento. Godimento che - per via di un episodio - oggi è divenuto rancore. Rancore che serbo a me stesso.
Oggi sono più stupido che cretino (si può azzardare un "oggi sono più buono"), ma non rinuncio alla mia dose di cretinaggine, che fortunatamente mi impedisce di essere del tutto un allocco. Essendo in maggioranza stupido, soffro (sono empatico) per quanto sono poco cretino (agli stupidi non è proibito sognare il male), ma quel rancore che ancora oggi mi serbo riequilibria un po' le cose. Ma solo in apparenza, perchè sono stupido.
Che cretino.

domenica 26 aprile 2009

I giardini pubblici sono tetri anche quando c'è il sole.

I giardini pubblici, comunali o privati che siano, sono notoriamente luoghi tetri. Anche quando c'è il sole. (e così il titolo del post è giustificato)

Ai miei tempi, quando era tutta campagna, le sole categorie di persone capaci di frequentare i polmoni verdi delle città erano quella dei bambini e quella delle mamme accompagnatrici. I primi correvano lieti e spensierati, le seconde urlavano di non correre e di non raccogliere le siringhe (chissà come, c'erano sempre delle siringhe per terra: evidentemente v'era una terza, nottambula, categoria di visitatori: quella degli analisti chimici).

Il mondo degradato di oggi, invece, ha aperto i confini di questi luoghi un tempo magici praticamente a tutti. Qualsiasi personaggio, dal più balzano al più bizzarro, dal più buzzurro al più buzzicone (ho finito gli aggettivi con radice in "bzz"), ha la facoltà di andare "al parco", come in gergo viene chiamato tale luogo.
Anch'io ho la facoltà: per l'esattezza l'ho proprio dall'altro lato della strada su cui s'affaccia il G.P. (Giardino Pubblico/Privato) in questione, sicchè giorni fa mi sono trovato a dovermi recare in uno di questi "parchi".

Che siano parchi non v'è dubbio: gli alberi ci sono, l'erba pure e l'immancabile laghetto anche. Che siano morigerati, qualche perplessità in effetti c'è. Basti osservare chi, come me, frequentava in quel momento il giardino.
Zero bambini. Nessun pestifero moccioso giocava e si rallegrava pei prati.
Un corridore. L'unico (in quel giorno), il classico, indispensabile corridore-fai-da-te con la lingua di fuori, più impegnato a mostrarsi alle donzelle che a rimanere cosciente.
Due gay. Ma non due gay "normali", liberi, ma due gay amanti, in cui almeno uno dei due, al momento dell'effusione, stava tradendo almeno un partner (magari pure donna). Sempre che scattarsi fotografie possa dirsi "effusione".
Tre ruba-panchine. Categoria di individui che trascorre la maggior parte della propria esistenza a rubare panchine già prenotate da altri individui sopraggiungenti. Da mazzulare per bene.
Quattro uccellini, che poi diventano cinque, sei, sette fino alle migliaia, se solo s'accorgono che avete una briciola in mano. E io che ricordavo che i passerotti fossero timidi e poco amanti della buona cucina.
Cinque persone sole. Si riconoscono subito per il modo in cui fingono di leggere (il libro spesso è al contrario) o di parlare al cellulare (spento).
Sei clochard, che dormono sopitamente e rigorosamente sdraiati (mediamente occupano una panchina, ma c'è anche chi, stiracchiandosi un po', arriva a coprirne due).
Sette coppiette: lui e lei oggi non si limitano ad abbracciarsi, ma si prodigano nelle più evolute contorsioni, cose da far impallidire il Circ du Soleil.
Otto impiegati in pausa-pranzo. Un semplice "tlac" e l'aroma dell'insalatina (o il panino, o gli spaghetti) prorompe dalla confezione in plastica indegradabile. Tali effluvi sono sconsigliati a chi non ha ancora pranzato.
Nove che dicono che "fra poco piove". Oltre a fare rima, c'è sempre qualcuno che ripete continuamente tale mantra, con il solo scopo di innervosire il/la proprio/a partner e i vicini di panchina.
Dieci studenti universitari, intenti a studiare - non si sa bene con quale concentrazione - per l'esame imminente. Solitamente si presentano in coppia: uno dei due studia seriamente, l'altro finge ed è lì per impedire al primo di studiare (magari ripetendo che di lì a poco pioverà).

Et coetera. Il punto è che i parchi e, soprattutto, chi li frequenta, sono il male della società. Chi va al parco vuol dire che non lavora, non studia, non produce ricchezza. E nemmeno si diverte (i bambini disertano).
Per questo i parchi sono tristi, per questo sono luoghi tetri. Anche quando c'è il sole. E poi fra poco pioverà.

martedì 21 aprile 2009

Pillole di letteratura: Agostino di Moravia

C'è un bimbo, Agostino, che, come tutti i bambini in età scolare (lui però non va a scuola), è molto preso dalle fanciulle, con la differenza - rispetto ai bambini normali - che lui ama sua madre.
Sua madre è una donna, a volte bionda, a volte bruna, dai capelli lisci, lunghi, ricci e increspati al tempo stesso. Moravia non lo spiega, in quanto vuole che il lettore, identificandosi con Agostino, idealizzi la giovine e al contempo già matura donna.
Il padre non c'è, se ne è andato. Cosicchè Agostino e la madre trascorrono intere giornate prendendo il sole al mare; alle cinque del pomeriggio, una bella remata in barca e un bagno al largo (ma non troppo al largo, stesso concetto di prima), per ristorarsi dalle fatiche della giornata.
Un dì arriva un giovane, chiamato "il giovane" (Moravia è incredibilmente sintetico) che, pur facendo lo gnorri, ci prova con la madre. Agostino è disperato, si tormenta, addirittura un giorno verrà escluso dalla gitarella in barca. Col cuore spezzato, Agostino fugge nottetempo (benchè sia giorno, vedi sopra) per la rena, finchè incappa in una baby-gang. Qui viene accolto favorevolmente, e - dato che i bulletti sono tutti più grandi di lui di ben due,tre anni e le cose le hanno vissute - viene "iniziato" ai grandi misteri della vita: il fumo, il sesso, le scazzottate, gli scherzi, la pedofilia.
Agostino è finalmente felice, ma è triste (al solito): è felice perchè ha degli amici (o meglio, perchè qualcuno lo prende in considerazione), ma è triste perchè la mamma è più disinibita di quanto egli pensasse.
Nel frattempo, il tempo scorre inesorabile (il romanzo copre un arco di 3,4 giorni della vita di Agostino): Agostino fa un bagnetto coi suoi amichetti, sotto l'occhio vigile dell'amico pedofilo, e si sollazzano: tutti ignudi, i bimbi sperimentano anzitempo cose da maschi, e si toccano, si guardano, si prendono a pugni, ecc. Agostino è più in là che guarda, sennò si bagna (ma poi si tufferà anch'egli nello scabroso gioco). Esausto, il gruppetto conclude la divertente giornata ingollando vino e aspirando fumo. Tutto sembra andare per il meglio, ma Agostino, forse perchè viene sempre escluso da tutto (è lui che s'autoinvita alle scorribande, infatti); forse perchè gl'insultano il padre; forse perchè, quando gli hanno esposto la loro opinione sul presunto lavoro di sua madre, ha temuto che c'avessero azzeccato; forse perchè uno di loro, "il negro", gli sta sulle balle (niente di personale, ma è negro..!); insomma, fatto sta che Agostino non vuole più vederli. Allora decide di non uscire più di casa. Ma lì c'è sua madre, e lui non può vedere sua madre, perchè sennò soffre. Dunque, ri-scappa sulla spiaggia. Però non vuole incontrare i bulletti. Allora sta a casa. Ma lì c'è sua madre. Indi va in spiaggia. Ma ci sono i bulli. A casa. La madre. In spiaggia. I bulli. Casa. Spiaggia. Casa, spiaggia, casa, spiaggia....
Il libro va avanti così per un po', fin quando Moravia, con un colpo di scena da consumato giallista, stravolge quando detto sinora.
Agostino vede la madre baciare il giovane: dunque ella era davvero una poco di buono!
Ferito nell'orgoglio, il piccolo pensa di mettere in atto il diabolico piano progettato il giorno prima: aveva incontrato il "boss" della baby-gang, e aveva accettato di prendere una tazza di tè dalle eleganti signorine che soggiornavano in una mirabile villa lì nei dintorni.
La clausola dell'accordo prevedeva, però, che fosse Agostino a procurare i soldi per l'ingresso al bordello; sicchè il poveretto doveva ora rompere il salvadanaio. Pur con qualche titubanza, lo fa, ma ovviamente i soldi non bastano. Mille idee baluginano nella sua ormai corrotta mente: rubarli dal portafogli della madre? sottrarglieli mentre lei è fuori casa? prenderli quando non lo vede?
Cosa fare? Agostino va dalla madre e glieli chiede, con l'astuta scusa di dover acquistare un libro.
Poi, nottetempo (stavolta è vero), si reca, non visto, al bordello, da i soldi al suo amico, e si prepara a vedere tante donzelle svestite. Una donnona brutta e cattiva fa entrare il suo amico, ma lui no. Agostino è troppo piccolo. Vieppiù due uomini - frequenti visitatori del locale - lo sbeffeggiano.
Agostino, allora, s'inerpica sul davanzale, osserva con attenzione e, finalmente, riesce a coronare il suo sogno: la donna ha due tette di fuori!
Agostino può tornare a casa. Del tradimento dell'amico, dei soldi persi, della serata andata a facili donne (almeno lei) non gliene importa niente. Di sua madre nemmeno, che andasse al diavolo.
Poi vede la madre: non è lei, ma assomiglia - nei modi di fare, nelle vesti.. - alla prostituta del bordello.
Agostino ricomincia a farsi un mucchio di pare.

martedì 14 aprile 2009

Fabrizio Frizzi è il Bene.


Fabrizio Frizzi è l'utopia.


Fabrizio Frizzi è l'emblema della felicità. Egli ride, costantemente. Di tutto, di tutti. Non v'è argomento sul quale egli non riesca a trovare uno spunto comico sul quale sganasciarsi, non esiste situazione in cui egli non colga l'attimo per farsi una scompisciata.


Fabrizio Frizzi ride perchè è consapevole della caducità dell'uomo. Egli, a dispetto dell'aspetto, è un uomo colto, raffinato: sa bene che l'umanità presto scomparirà. Si accartoccerà su sè stessa, vittima della propria malvagità. Dello stress. A meno che non se ne accorga in tempo, e non rimedi a troppi secoli di inciviltà.

Fabrizio Frizzi, martire delle circostanze, ha scelto di immolare la propria esistenza a questo gravoso compito. Non è semplice accorgersene, ma Fabrizio Frizzi tenta ogni giorno di riportarci all'Eden, alla Gioia Primigena.

Fabrizio Frizzi sa che la missione che lo impegna è ardua, e vi profonde tutte le energie di cui è a disposizione: qualsiasi sia la trasmissione che conduce, egli scova sempre un momento in cui captare l'attenzione della massa con una prorompente ghignata.

La risata è contagiosa, e Fabrizio Frizzi usa ogni arma di cui è dotato per attaccare questa "malattia" - malattia benefica, s'intenda - a chi soffre l'esistenza. La battuta, la gag, l'occhiale storto: ogni scusa è buona se si deve salvare l'umanità.


Fabrizio Frizzi è quello che si definisce 'homo hutopicus', l'inimmaginabile fatto persona, la Gioia incarnata uomo. Fabrizio Frizzi è quello che dovremmo essere tutti noi. Ma Fabrizio Frizzi è solo, è vilipendiato. E questo non può accadere.


Perciò dobbiamo unirci in un unico, disperato, appello:


Rita, rimettetevi assieme!!

giovedì 9 aprile 2009

Compilare la lista della spesa non è mica facile come sembra

Si dice spesso che Alfredo Castelli saprebbe rendere interessante persino la lista della spesa. Ora, io sono un adepto del BVZA, e questo aneddoto mi ha sempre colpito, ma di sue fantomatiche liste della spesa non ne ho mai trovate. Indi per cui, ci ha pensato il sottoscritto a cimentarsi nell'ardito esperimento (in realtà, io mi guardo bene dall'andare a fare a la spesa, ma penso di riuscire ad inventarne una che sia verosimile).

Ponendomi in una situazione standard (madre stanca che deve nutrire marito abbioccato e figlio nullafacente) e prendendo a modello il supermarket che ho sotto casa, direi di incominciare a segnare sul foglietto (che ho preventivamente stralciato da un'agenda del 2003 che, per via della guerra in Iraq, non ho usato al tempo) quei prodotti che costituiscono la base del nostro vivere: latte e pane.
E' facile intuire il perchè del primo: il bianco nettare è il primo elemento di cui ci nutriamo al momento della nascita, poppandolo dai seni della genitrice, ed è probabilmente il motivo per cui ne sentiamo la necessità anche nel proseguio della nostra vita; e mi riferisco sia al latte, che ai seni.
Per il pane la cosa è più complessa, sono tanti i fattori che concorrono a rendere il prodotto da forno il cibo-zero: l'azzeccata miscela di farina 00, acqua e sale (ammettetelo, chi, al leggere "farina doppiozero" non ha sentito il bisogno di sperimentare sulla propria pelle cosa significassero quelle parole misteriose?); il prezzo non troppo basso; il rapporto di cordialità che si instaura con la nevrotica addetta al settore "pane"; l'ebbrezza del numerino.
I compilatori delle liste della spesa amano particolarmente questo aspetto del fare-provviste e, pur di trascorrere qualche ora in fila; pur di farsi scavalcare da qualcuno (o di scavalcare qualcuno); pur di mozzarsi due dita prendendo il numerino da quell'oscuro aggeggio rosso che, armato di denti, tenta in tutti i modi di scoraggiare l'acquirente; pur di provare tutto ciò, ogni individuo dotato di buon senso, mentre fa la lista della spesa, inserisce sempre qualcosa da prendere al banco (generalmente si opta per quello dei salumi/caseari). Noi non vogliamo essere da meno, e scriviamo due etti di prosciutto.....di Parma, esatto, sennò non ce lo danno.
Per una corretta alimentazione, dicono i dietologi, occorre un apporto bilanciato di proteine, carboidrati e grassi. Dopo quest'ultima parola, però, di solito correggono il tiro, e consigliano al brufoloso popolino di "mangiare tanta frutta e verdura". A dire il vero, sempre di solito, sono proprio i dietologi ad essere 'robusti' - per usare un eufemismo - e non bisognerebbe prestare loro troppa attenzione. Ma noi siamo mamme premurose, e perdipiù nostro figlio è vittima dell'acne, perciò diamo loro retta.
I frutti più gettonati fra i piccoli sono anche quelli più predisposti ad eventuali doppisensi: mele, pere, banane. Ebbene sì, forse un legame con lo sviluppo degli ormoni nei giovanissimi è legato al consumo troppo vorace di questi frutti; si consiglia, pertanto, di limitarne le dosi, se non volete un figlio come il nostro.
Capitolo verdura: qui vale il motto "dura lex, sed lex". Ai giovani non piace, ma, si sa, noi mamme siamo anche sadiche (altrimenti quali altri soddisfazioni ci rimangono?) e ne compriamo a quintalate. Poi ne butteremo la metà (perchè neanche nostro marito la mangia), ma non fa niente, questo è una delle poche occasioni in cui possiamo darci alla pazza gioia: spinaci, bietola, cavoli, a noi!
Soddisfatto il nostro ego, è giusto soddisfare anche quello dei nostri cari, quindi dobbiamo pensare alla pasta.
"Perchè siamo nate in Italia?" si domandano a questo punto le donne, che vorrebbero utopisticamente variare un po' il menù. "...." pensano i pochi uomini che compilano le liste della spesa, i quali non si fanno tanti problemi e si limitano alle solite 3, 4 cose surgelate.
Pasta lunga o corta? Spaghetti o bucatini? Fusilli o penne? Penne o pennette? E le pennette, rigate o lisce? Sono tanti, troppi, i dilemmi su cui occorrerebbe un'attenta riflessione, troppe le alternative da scartare. Inutile chiedere agli uomini di casa, sono impegnati a slogarsi il polso col Wii; inutile preparare una scaletta ("oggi le penne, domani i spaghetti", ecc.). La soluzione è una sola. Perciò scriviamo pasta sul brogliaccio e successivamente, davanti allo scaffale apposito, pescheremo a caso, lasciandoci guidare dall'istinto.
Rimane ben poco (si rammenti che stiamo 'impersonando' una mamma, per cui il reparto elettronica ci provoca ribrezzo) da aggiungere.
Mettiamo acqua ben sapendo che quella che cerchiamo sicuramente non ci sarà; inseriamo TeleSette (o Telepiù, o Sorrisi&Canzoni, ecc.) per i cruciverba - e non per i programmi tv, attenzione! - e, a seguire, terminiamo con TicTac, il che NON vuol dire, come potrebbe sembrare, che compreremo le caramelline della Hunzicher (che, da brave mamme, reputiamo una poco di buono), ma significa che acquisteremo qualche gomma da masticare senza zucchero (che ci fa male ai denti) sottomarca.
Ricontrolliamo quanto scritto:c'è tutto? Bene, possiamo finalmente recarci al supermarket, e mettere in pratica la teoria.
E anche se, come sempre, ci saremo scordati la metà delle cose che avevamo in mente, non importa, il nostro dovere l'abbiamo fatto, e la coscienza è a posto.

La lista di un uomo è ben diversa, e molto più breve, come detto. Essa consta di 4 voci:
latte
pane (indispensabili)
pranzo: voce che può indicare tutto e niente, ma che preferibilmente costi poco e sia pronto in 2 minuti
******: voce variabile da persona a persona; in genere è una cosa assolutamente inutile e che costa un mucchio di soldi, ma che rende l'uomo appagato e consapevole di avere fatto anch'egli il proprio dovere (altro che le donne, tsk!).